[post liberamente ispirato dalla discussione a pranzo con i colleghi]
Nei momenti di crisi si mischiano le carte in tavola, si dubita delle certezze assodate, c'è spazio per strade alternative. Anche quelle non necessariamente amate dalla teoria dominante. Ma a differenza delle altre scienze, in economia, una teoria non è dominante, se non lo è anche politicamente. Non è un caso che la teoria economica marginalista di Jevons, Walras e Menger abbia avuto successo per fornire argomenti scientifici ai detrattori del marxismo, che pure si poneva in modo scientifico. Non è un caso che la scuola economica neoliberista sia diventata dominante con Reagan e la Tachter e non certo per l' originalità delle idee, considerato che von Hayek il Nobel lo aveva già vinto nel 1974.
Un pensiero economico e politico dominante si instaura come risposta allo spirito del tempo, ai bisogni espressi dalla società dati i suoi equilibri, ma poi tende a perpetuarsi indipendentemente. Solo un'idea forte che risponde meglio al mutato spirito del tempo e si organizza in modo efficace può scalzarlo. Società anchilosate nei vecchi paradigmi non possono che decadere. In questo momento è chiaro che l' idea politica ed economica dominante non risponde più alle esigenze del tempo. Forse si intravede un' alternativa. Sicuramente il potere si appresta a difendere la cittadella.
I cardini del pensiero neoliberista di politica economica in situazioni di crisi rifuggono sia dall'utilizzo della leva monetaria e sia da quella di aumento della spesa pubblica. La strada maestra da seguire è quella della politica deflazionistica e tagli alla spesa: in una parola l' austerity. L' austerity non è un concetto economico, ma uno filosofico e si riferisce alla necessità di cupi anni di recessione in cui purificare calvinisticamente l' anima e ritornare alla crescita. Ringraziamo il popolo greco per averci mostrato sulla propria pelle con un esperimento naturale come in questa crisi l' austerity sia la soluzione sbagliata.
Tuttavia e per fortuna, in democrazia, gli spiriti irrazionali dei cittadini potrebbero rincorrrere qualche sincera e coraggiosa voce alternativa oppure anche le sirene del populismo demagogico e dei naziolismi. Per difendersi da entrambi, il potere dominante ha sottratto sia gli strumenti di politica monetaria che quelli di politica fiscale al controllo parlamentare. Attreverso l' euro, il controllo della base monetaria e dei tassi di interesse è in mano alla BCE. Da poche settimane il pareggio di bilancio è diventata legge costituzionale e lega quindi le mani anche ai governi futuri.
Se da una parte la costituzione della moneta unica aveva ed ha fini nobili di traino delle istituzioni europee, non si capisce perchè una nazione dovrebbe autolimitarsi nella possibilità di produrre disavanzi di bilanci quando fosse possibile e necessario.O meglio non si capisce perchè questo legge sia stata votata quasi all' unanimità...
A questo governo e a quelli futuri non rimane che la strada del taglio delle spese e delle liberalizzazioni. Storicamente in Italia di liberalizzazioni non se ne sono mai fatte. Einaudi sosteneva che è difficile rimuovere dei privilegi una volta che sono stati concessi. Rimane il taglio della spesa per lavori dipendenti, il taglio dei finanziamenti agli ospedali, all' università a tutte le produzioni di beni pubblici. Vuol dire taglio dei consumi e vuol buttarsi a capofitto nella spirale recessiva per i prossimi anni. Recessione non è una parola astratta. Essa significa disoccupazione, non arrivare a fine mese, mettere al mondo meno figli, rimandare le cure e la prevenzione, rinunciare agli studi per portare soldi a casa, chiedere aiuto all' usura, essere più proni alle tentazioni della criminalità.
Spero di sbagliarmi, ma in un momento di crisi europea e sistemica, una recessione non potrà che essere lunga. Attrezziamoci e magari iniziamo a pensare a qualche alternativa...
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